Parallelismi

Influenzare la realtà

Mi piace fare parallelismi, quasi per ogni situazione. Generalmente affianco la fisica quantistica, perché è il fondamento della vita stessa. E questo vale anche per Biodinamica.

A tutti gli operatori è stato insegnato di imparare la tecnica e scordarla completamente. Ha un senso questo.

La fisica quantistica dice che l’osservatore influenza la realtà. Non solo la influenza, la modifica, solo per il semplice fatto che la sta guardando. Osservatore significa che non interviene, non giudica, non valuta. Guarda, e questo è tutto ciò che fa.

Quando ci avviciniamo a un corpo per intervenire in modo biodinamico sappiamo che in realtà non interverremo affatto, sappiamo che creeremo il contatto in modo quasi sacro perché sappiamo, senza sapere, con cosa entreremo in contatto. Ci avviciniamo quasi trepidanti, perché ogni volta è un viaggio anche per noi, perché ogni volta quel punto di quiete raggiunto modifica anche noi.

È proprio osservando l’onda della vita che pervade il corpo, sentirla nelle mani, esserne attraversati fino a non comprendere se siamo noi o è il corpo in contatto o entrambi. Fino a quando tutto scompare e non esiste nemmeno il pensiero. E noi, operatori, cosa facciamo noi? Niente, ne facciamo parte osservando. I più grandi risultati si raggiungono quanto meno pensiamo di fare, tanto più rimaniamo osservatori neutri.

Le persone riferiscono puntualmente di aver cambiato atteggiamento nei confronti della loro vita, di aver trovato serenità e di essere uscite dalla visione drammatica delle situazioni.

La frase finale del film Next pronunciata da Nicolas Cage enuncia: “Così succede, quando guardi una cosa quella si trasforma per il semplice fatto che l’hai guardata”.

Se la Biodinamica modifica la visione sulla vita della persona, perché può farlo solo tramite l’operatore quando evidentemente è già presente? Perché occorre che qualcuno la riconosca.

Se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente, fa rumore? Non è una domanda di filosofia orientaleggiante, questa domanda è stata posta nel ‘700. Ai giorni nostri la scienza ha confermato che no, non fa rumore. Perché le vibrazioni della caduta producano suono necessitano di un apparato uditivo che le riconosca.

Ecco perché l’osservatore influenza la realtà, semplicemente perché la interpreta.

Ho provato, nel massimo momento di quiete, a percepire connettendomi all’onda di vita che attraversa il mio corpo. È fantastica questa esperienza, pure niente di paragonabile a quando sono io a ricevere una seduta di Biodinamica, durante la quale non devo intervenire con nessun pensiero o sensazione o attenzione. Forse occorre, come per l’albero caduto, un altro apparato uditivo che la riconosca. Tutto è già presente e non manifesta il suo più alto potenziale fino a quando qualcuno non lo riconosce perché riconoscendolo gli dà un nome e lo porta in manifestazione piena.

a cura di Patrizia Massi

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