L’ Embodiment della Compassione
Anche quest’anno la Conferenza ACSI ha avuto luogo regalandoci un senso di profonda condivisione e unità.
Dopo la precedente conferenza che aveva come argomento la Mindfulness, ci è sembrato naturale proseguire sul tema della presenza. Abbiamo voluto approfondire un tema che per il nostro lavoro è sempre più importante: L’ Embodiment della compassione. Anche in questa edizione Rosella Denicolò ha coordinato i lavori.
Nella prima giornata Jader Tolja, medico, psicoterapeuta e ricercatore docente di Anatomia Esperienziale, ci ha accompagnato nell’affascinante esplorazione di questo argomento. Il suo intervento si intitolava “Le basi connettivali della compassione”.
Ne facciamo una breve sintesi. Partendo dal presupposto che postura ed emozione sono strettamente connesse e che quindi un cambiamento nelle emozioni (per esempio nella depressione) provoca un cambiamento nella postura (che in questo caso si fa più incurvata e dimessa), abbiamo condiviso che, al contrario, anche un cambiamento della postura potesse portare a un cambiamento dell’umore, delle emozioni e del proprio senso di sé.
Passando alla fase esperienziale vera e propria, abbiamo focalizzato l’attenzione sulla cassa toracica che, se ben osserviamo, non viene mai coinvolta nei movimenti del nostro corpo. Noi ci muoviamo, infatti, “intorno” alla cassa toracica. I suoi tessuti e le emozioni che vi risiedono non partecipano al movimento, anche se l’anatomia stessa di cuore (col pericardio e lo strato di siero che lo lubrifica) e polmoni(avvolti da pleure e siero) dimostrano che essi sono predisposti a un movimento naturale che è stato bloccato o perso ad un certo punto della nostra vita.
L’idea che abbiamo di noi stessi può, di fatto, inibire l’esperienza di chi siamo. Questa idea può quindi diventare un fatto tutto mentale che non coincide più con la realtà, che è il nostro stesso corpo. Se invece proviamo a muovere il corpo non attraverso un “fare”, ma “essendo” il corpo, possiamo ritrovare il “senso del senso” della vita e ricostruire un ego nuovo in base a questo sentire.
Secondo Jader queste sono le basi connettivali della compassione. La compassione si manifesta attraverso la liberazione degli aspetti emotivi collaterali che corrispondono alla riscoperta del movimento naturale del nostro corpo.
La seconda giornata è stata condotta da Remo Rostagno danzatore e coreografo, BMC practitioner e docente di Craniosacrale Biodinamica. Il suo intervento si intitolava: Le radici somatiche della compassione.
Abbiamo iniziato, in un modo divertente ma al contempo molto profondo, con esercizi che ci hanno permesso di sperimentare alcune forme dell’esistere che ci portano a pensare di essere divisi e diversi gli uni dagli altri . In un gioco dei quattro cantoni abbiamo esplorato la provenienza geografica, la provenienza di classe sociale, l’appartenenza religiosa, ecc.
Poi Remo ha voluto portarci in un viaggio attraverso l’evoluzione della vita sulla terra, alla ricerca del momento in cui è comparsa la compassione.
Dopo il Big Ben, già di per sé un “atto di amore”, incontriamo i primi esseri unicellulari: i batteri. Questi hanno uno spirito combattivo: uno contro tutti. A un certo punto qualcosa cambia e appaiono le prime cooperazioni tra questi batteri che danno un’accelerata all’evoluzione della vita sulla terra: essi smettono di combattersi a vicenda incarnando il vero concetto di “interessere” e, cooperando, creano qualcosa che li “tiene insieme”.
Qui la compassione si incarna e diviene “vita” nel vero senso della parola.
Noi esseri umani apparteniamo a questa logica di aggregazione e coesione ovvero: IN PRINCIPIO LA RELAZIONE.
Solo nella relazione può esserci compassione, dove io posso vedere l’altro in tutte le sue potenzialità e senza condizioni.
Compassione = legame = relazione
E’ difficile descrivere la bellezza e la delicatezza della relazione di Remo, forse solo l’immagine dell’Avalokiteswara-Padmapani (il Buddha della compassione) con il fiore di loto tra le mani, può rappresentare al meglio il sentimento che abbiamo condiviso.
Il terzo intervento è stata la conduzione di Paolo Maderu Pincione di un lavoro di integrazione attraverso il contatto craniosacrale. In coppia abbiamo sperimentato in una sessione craniosacrale a terra la relazione mano-cuore. Un esercizio di profonda pace che ha chiuso questa Conferenza 2015 con un campo che parlava di un silenzio e una quiete condivisi. Un campo che fa anima.
Arrivederci alla prossima edizione dedicata al tema: Craniosacrale e Sessualità.
Enrico Letardi
Consiglio Direttivo