a cura di Rosella Denicolò

Articolo DBN Magazine n. 46 – Marzo 2023

Come sarà il mio bambino quando nascerà? Come sarà il suo carattere, il suo corpo, la sua energia? Quali doni e talenti porterà nel mondo?
Sono queste e molte altre le domande che una donna si pone durante i nove mesi di gravidanza. Immagina il proprio bambino mentre avviene in se stessa un processo di trasformazione importante: diventa a poco a poco madre. Daniel Stern ha chiamato questo processo del divenire da figlia a madre “Costellazione Materna”, una riorganizzazione profonda del senso del sé, della propria identità di donna: “Ogni mamma costruisce mentalmente il bambino dei suoi sogni, delle sue speranze, ma anche delle sue paure, e con l’immaginazione si spinge fino a prefigurarsi come sarà a un anno, quando andrà a scuola, quando sarà adulto”.

FORME PRIMORDIALI DI APPRENDIMENTO
Questo processo immaginativo è fondamentale per costruire quel legame e quella comunicazione con il nascituro chiamato dai ricercatori attaccamento prenatale. Nelle culture indigene e tradizionali la connessione con il bambino in arrivo viene riconosciuta e supportata da tutta la tribù o villaggio sin prima del concepimento.
Il bambino è considerato sensibile e senziente non solo alla nascita, ma anche quando è embrione e feto. Come scrive Sobonfu Somé, custode dei riti della tribù Dagara: “Molte persone nel mondo non pensano che i neonati siano così sensibili, ma di sicuro lo sono, persino quando sono nell’utero. Molti pensano infatti che se un bambino viene colpito, non se ne ricorderà. Al contrario, i bambini immagazzinano tutti i colpi che hanno ricevuto e avranno problemi di salute fino a quando queste ferite non verranno relazionate alle prime esperienze della vita”.
L’idea che il prenato sia senziente, che abbia un sé psicologico, e capacità di rispondere a quello che gli succede, è qualcosa che stiamo riconsiderando negli ultimi decenni. Dagli anni Sessanta del secolo scorso, infatti, le ricerche scientifiche sullo sviluppo in età prenatale e neonatale si sono moltiplicate e hanno modificato radicalmente l’immagine del neonato e del prenato. Invece di una “emergente, brulicante confusione”  come l’aveva definito lo psicologo William James nel 1890, invece di una tabula rasa che non ha una vita psicologica, oggi vediamo una persona nella sua interezza.
Gli studi sul comportamento del feto attraverso le ecografie e sui bambini prematuri hanno evidenziato prime forme di processi cognitivi già prima della nascita. La capacità di discriminare tra suoni diversi è presente a 27 settimane, nello stesso periodo compare una risposta di habituation.
Se vengono ripetuti stimoli esterni sempre uguali, il feto smette di rispondere. Si abitua e non reagisce più, oppure solo debolmente.
Questo mostra capacità di attenzione, di memoria e una forma primordiale di apprendimento.

GLI AFFETTI OMBELICALI
Alla nascita il neonato è in grado di riconoscere il battito cardiaco della propria madre distinguendolo da quello di altre madri.
Anthony de Casper ha dimostrato, in uno studio famoso, che alla nascita il neonato riconosce e preferisce la voce della propria madre rispetto a quella del padre o di altre persone. Si è visto inoltre che i neonati dirigono la loro attenzione preferibilmente verso persone che parlano la stessa lingua della famiglia e che riconoscono musiche ascoltate durante la gravidanza.
Un embrione, un feto, un neonato, sono sempre persone intere. Questa è la visione dell’approccio pre e perinatale nell’ambito della Biodinamica Craniosacrale. La nascita, così come la vita prenatale, sono esperienze ad altissima intensità. Le possiamo considerare come passaggi di un viaggio eroico che ognuno di noi ha compiuto per arrivare qui. Ogni transizione di quel viaggio come il concepimento, l’annidamento o la nascita, porta con sé memorie che sono necessariamente implicite e che possono risvegliarsi soprattutto nei momenti di transizione della nostra vita adulta.
La relazione tra la vita prenatale e la salute del bambino dopo la nascita è stata ampiamente studiata soprattutto dagli anni Ottanta del secolo scorso. Nel 1981 Mecca Cranley parla per la prima volta di attaccamento prenatale per studiare la qualità del legame affettivo che i genitori sviluppano nei confronti del loro bambino prima della sua nascita. Le emozioni che provano per lui, i modi in cui entrano in relazione attraverso pensieri, contatti, il modo in cui gli parlano, lo accarezzano attraverso la pelle del pancione: tutto questo parla della qualità dell’attaccamento prenatale. Diversi studi hanno evidenziato il ruolo predittivo dell’attaccamento prenatale sullo sviluppo socio-motivo, comportamentale e cognitivo del bambino nella prima infanzia, e sullo stile di attaccamento che svilupperà anche nella vita adulta.
Il prenato e la mamma comunicano continuamente. Attraverso il cordone ombelicale passano gli stati emotivi della mamma, passa la gioia, lo stress, la tristezza. Molecole di emozioni che vengono trasportate dal sangue e che investono il prenato.
Frank Lake, pioniere della psicologia pre e perinatale, li ha definiti affetti ombelicali. Questi possono essere positivi, negativi o fortemente negativi e avere un impatto sulla vita adulta in tutte le sfere che comportano uno scambio con il mondo, con il dare e il ricevere. Il rapporto con il denaro, con la sessualità e il cibo può essere fortemente influenzato dalle dinamiche ombelicali precoci.

IL GREMBO SPIRITUALE
Diversi studi hanno confermato l’influenza degli stati emotivi materni sul feto. Come spiega Anna Maria Della Vedova, docente di psicologia dinamica all’Università di Brescia, dopo un episodio altamente stressante per la madre, il feto rimane in uno stato di agitazione motoria anche per alcune ore. Se la situazione di stress materno permane nel tempo l’eccitazione del feto diventerà un tratto stabile con la conseguenza di un basso peso alla nascita. Anche gli studi in ambito neuroscientifico hanno mostrato l’importanza di un clima accogliente e di una base sicura in età prenatale. Il cervello infatti è estremamente malleabile nelle fasi precoci della vita e risente delle esperienze che attraversiamo molto più che nella vita adulta.
Scrive il neuroscienziato americano Bruce Perry: “Mentre l’esperienza può solo alterare il comportamento di un adulto, essa fornisce una vera e propria struttura organizzativa al neonato e al bambino. Tanto più saranno precoci e pervasivi fenomeni di trascuratezza, quanto più devastanti saranno i problemi di sviluppo per il bambino”. Creare un senso di sicurezza, una relazione che dia supporto alla donna in gravidanza è quindi di importanza fondamentale per la relazione con il prenato e il nascituro.
Lo stress, la mancanza di supporto sociale sono due fattori che creano un campo di relazione sfavorevole per il nascituro e per l’intera famiglia e un basso attaccamento prenatale. Per questo la Biodinamica Craniosacrale lavora per creare un campo di relazione sicuro e per ridurre i livelli di stress nella madre. L’orientamento è all’interezza. L’ascolto non è ristretto solo alla persona che viene in seduta, ma al campo di relazione, alla natura, a un orizzonte che respira. La Biodinamica lavora sempre con un tipo di percezione espansa che si riconnette a quelle conoscenze indigene e tradizionali che rinnovano continuamente la relazione con la sorgente. Frank Lake lo chiamava “grembo spirituale”, quel periodo sensibile che va dal concepimento fino ai nove mesi dopo la nascita.
Per lavorare con le memorie precoci non è sufficiente infatti un approccio solo somatico. Occorre aprirsi a un campo più vasto di consapevolezza che risuona con l’inconscio collettivo, gli archetipi, la cultura millenaria, gli antenati.

Biodinamica pre e perinatale

Da dove veniamo? Cosa è successo alle cellule delle origini? Cosa è successo quando eravamo embrioni o feti? La narrazione scientifica spiega in termini materialistici l’evoluzione di quelle fasi: i gameti, l’impianto, l’embrione, il feto. Come fossero esperienze senza consapevolezza e senza memoria. La Biodinamica pre e perinatale, pur tenendo conto degli aspetti anatomici e fisiologici, guarda ai significati e ai movimenti psichici nascosti dentro alle sfide di ogni passaggio, dentro all’avventura che vibra in ogni piega delle esperienze che ci hanno forgiati.
Il primo mondo in cui arriviamo è il grembo di nostra madre, immerso nel contesto della famiglia, del villaggio, della cultura e delle tradizioni. Il modo in cui veniamo accolti da questo grande grembo spirituale e collettivo ha una grande influenza sulla nostra vita. Le strategie di sopravvivenza che ci governano, i tratti più fissi e rigidi della personalità, gli incastri che sembrano indistricabili, hanno le loro origini in quelle esperienze precocissime. Ma come riusciamo ad accedere a quelle memorie? E come possiamo aprirci a nuove possibilità?

In Biodinamica la chiave di questo processo di trasformazione è il tocco e la consapevolezza. Il contatto in Biodinamica è infatti incredibilmente raffinato, basato su uno stato di presenza, capace di sintonizzarsi con la persona in modo accurato e rispettoso. Il miracolo cui assistiamo di frequente durante le sessioni è che quando ci approfondiamo in uno stato di quiete avviene un autentico cambiamento di stato. Le strutture che stiamo accogliendo perdono definizione, tutto diventa più fluido, come se avessimo tra le mani un neonato o addirittura un prenato. E’ una cosa magica cui assistere: un genuino e autentico cambiamento di stato che permette l’emergere di memorie che risalgono ancora al prenatale o alla nascita. Memorie che accogliamo con il tocco e con un dialogo appropriato.