Il soffio di vuoto

IL SOFFIO DI VUOTO

Soffio di vita, Vuoto di vita. Questa unica eterna forza che non ha bisogno di ripari poiché è essa stessa riparo e forza. Promuove raffiche di metamorfosi, incorruttibili andamenti, inaspettate conversioni, bocconi d’ogni tipo, scuoiate passioni che sanno di genesi, genesi e genesi… 

Ogni volta è una nuova emozione questo approcciarmi e relazionarmi attraverso la scrittura con l’effettività del Soffio di vita.
È vero… per quanto io possa generare giri di parole, resto sempre lontano dalla vera potenzialità che questo Soffio può farmi arrivare. E cedo, cedo… accedo e cedo ancora ed ancora, non mi resta altro che far questo…

Come in altri passati articoli, ripropongo un’introduttiva lettura delle parole di François Cheng, tratte dal suo libro “Cinque meditazioni sulla bellezza”. A seguire, altre parole di Laozi, raccolte da Shantena Augusto Sabbadini in “Tao: i racconti della vita”.

Lasciatevi impressionare da questa Biodinamica.

 

“La cosmologia cinese è basata sull’idea di soffio, che costituisce al tempo stesso una realtà materiale e spirituale.
A partire da quest’idea di soffio, i pensatori hanno formulato una concezione unitaria ed organica dell’universo in cui tutto si trova connesso e collegato. Il soffio primordiale, in grado di garantire l’unità originaria, continua ad animare tutti gli esseri, collegandoti all’interno di una gigantesca rete di intrecci e di generazioni chiamato tao, la via.
All’interno della via, la natura del soffio e il suo ritmo sono ternari, nel senso che il soffio primordiale si divide in tre tipi di soffi che agiscono sincronicamente: il soffio Yin, il soffio Yang e il soffio del vuoto mediano. Tra lo Yang, potenza attiva, e lo Yin, dolce ricettività, il soffio del vuoto mediano – che traina il suo potere dal vuoto originario – ha la capacità di coinvolgere le altre due funzioni in un’interazione positiva, in vista di una trasformazione reciproca, benefica per entrambi.
All’interno di questa prospettiva, ciò che accade tra le entità viventi è importante tanto quanto le entità viventi stesse. Il vuoto assume qui un significato positivo, in quanto legato al soffio…”
(Cinque meditazioni sulla bellezza – François Cheng)

Materiale e spirituale indivisibili. Non è solo un’idea ma un’effettività originale che respira sempre e sempre costituendo quello specifico insieme. Per avvicinare il Soffio alla nostra comprensione l’autore espone il concetto di polarità, quindi di completezza che accade in ogni istante e che ci fa respirare, venendo respirati a nostra volta dal soffio di vita e dal vuoto di vita.

“La comprensione più profonda non è simile a un picco, ma a una valle. La natura della realtà ultima è più femminile che maschile. Il saggio non si pone al di sopra delle cose, ma al di sotto. In questo modo egli diviene ‘un ruscello per il mondo’ e ‘ritorna allo stato dell’illimitato’.” (Laozi)

“Lo spirito della valle non muore mai. È il femminile misterioso.
La porta del femminile misterioso è la radice del cielo e della terra. Tenue come una ragnatela, ha appena un soffio di esistenza. Eppure il suo uso è inesauribile.” (Laozi)

L’accoglienza di una valle riparata, ha le sembianze di un grembo. L’accoglienza non si improvvisa, perciò, come tale è unità che invita a decantare, a farsi filtrare e filtrarsi sempre più, per sempre più farsi appoggiare ed appoggiarsi, affidarsi senza fine.

“Perciò ‘un grande sarto taglia poco’.” (Laozi)

Da qui, la fiducia.

“Dao allude perciò a qualcosa che è al di là di ogni concettualizzazione: ogni descrizione che se ne può dare è necessariamente parziale e perfino, in un senso profondo, fuorviante. Se vogliamo tentare di rendere in qualche modo l’aura della parola, possiamo dire che essa abbraccia l’idea di ‘natura ultima delle cose’, di ‘sorgente, radice, principio’, di ‘movimento intrinseco del tutto’. È più facile darne una descrizione in termini negativi che positivi: il Dao è detto ‘evanescente’, ‘silenzioso’, ‘senza forma’, ‘senza sostanza’, ‘indistinto’. Esso ‘non agisce’, ma in questa non azione ogni cosa si compie spontaneamente. Esso è ‘vuoto’, ma il traboccare di questo vuoto è la pienezza dell’universo visibile, l’emergere e il dissolversi delle forme. È un ‘recipiente vuoto il cui uso è inesauribile’ e ‘l’antenato delle miriadi degli esseri’. Il vuoto, la cavità, la valle, il femminile sono alcune delle metafore con cui ci si può avvicinare a esso.” (Laozi)

La natura del “raccontare” è intrinsecamente parziale se la confrontiamo con l’esperienza vissuta: non è né meno né più, è quel che è ed è per questo che è inesauribile. È la totalità dell’esperienza a consacrare la vitalità che vive dentro alla “cosa” di cui facciamo esperienza, un abbraccio spontaneo.

“Questo concetto che non è un concetto non ha un analogo nel linguaggio della filosofia occidentale. Per un verso richiama l’idea di divinità immanente. Per un altro ricorda il vuoto della fisica quantistica, che è un continuo ribollire di creazione e distruzione, un serbatoio di energia illimitata. Ma si tratta solo di analogie parziali. Non c’è nulla nel Dao che assomigli all’aspetto personale dell’idea di divinità. E nello stesso tempo non è qualcosa di lontano e inaccessibile all’essere umano: è simultaneamente quanto vi è di più lontano e di più vicino, l’origine di tutte le cose e l’esperienza più intima e immediata. A esso il saggio ‘ritorna’, in esso trova il suo ‘nutrimento’. Questo ritorno non è un accrescimento, ma piuttosto uno svuotamento.” (Laozi)

La Biodinamica sta avendo la capacità di occidentalizzare con tenerezza la filosofia orientale. Ed è anche per questo che, se cerchi di spiegarla, rimane parziale. Tenera, parziale, vicina e lontana, intima ed estranea. Ed ancora un connettersi, ritrovandosi originali.

“Praticare la conoscenza vuol dire
acquisire qualcosa ogni giorno.
Praticare il Dao vuol dire
perdere qualcosa ogni giorno.
Perdere e perdere fino ad arrivare al non agire.”
(Laozi)

ed ancora…

“Non facendo nulla, nulla resta incompiuto.” (Laozi)

 

paolo raccanello

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