La precisione della Poesia
Poesia e biodinamica con Chandra Livia Candiani
(English text below)
Da molto tempo considero Chandra Livia Candiani una poetessa biodinamica, un’artista delle dinamiche della vita.
Chandra Livia Candiani ci offre un vocabolario, un prezioso vocabolario, un vocabolario che tocca fortemente il modo di portare nel mondo la nostra disciplina.
Un vocabolario che si espone, si offre e ci viene offerto da chi, costantemente, entra nella vita.
Parla di età, radici, io, parole, poesia, casa, notte, luna, luce, maestri, connessione, mappa, fermarsi.
Quali connessioni accendono in noi queste parole? Quali inviti?
Quello che vedrete e leggerete sono parole di un incontro, di un’intervista, di uno scambio tra la poetessa e Katuscia Da Corte, insegnante e grande appassionata di cinema, che ringrazio di cuore per averci offerto la possibilità di condividere sia testi che video brillantemente realizzato.
Grazie Italian Reloaded, grazie Katuscia Da Corte, grazie Chandra Livia Candiani.
LA PRECISIONE DELLA POESIA
Età
L’età è un mistero.
Quando ero bambina, anche ragazza, pensavo che sarei arrivata al massimo a trent’anni.
Sento che l’infanzia e la vecchiaia sono due età in cui finalmente possiamo lasciar andare il controllo della mente, lasciarci un po’ sbriciolare dalla vita e dire un po’ le cose come ci vengono e anche c’è meno tensione ad arrivare a qualcosa, c’è più amore per il percorso che non per la meta.
C’è una lentezza nuova che mi accompagna e che mi fa ammirare sempre più gli infiniti microcosmi da cui siamo circondati, più che le grandi cose… e anche mi sembra che ho dentro una grande curiosità per la morte… è come una grande avventura che mi aspetta, è un appuntamento d’amore con me stessa di cui mi sono sempre sentita un po’ intimidita.
Pensavo… no… sono troppo piccola per morire e adesso quasi sono abbastanza grande per conoscere la morte e mi sembra una bellissima avventura.
Radici
Radici è una parola antica ed è una parola vegetale.
Il nostro pianeta è al 99,07% di massa biologica vegetale, eppure noi ci crediamo così importanti… invece questi grandi esseri verdi stanno fermi centinaia di anni negli stessi posti. Chissà come vivono, cosa vedono di noi, cosa percepiscono del mondo questi giganti.
Le mie radici sono in parte russe ed in parte italiane… stanno nella follia e stanno nella poesia.
Molte delle mie radici appartengono alle parole.
Parole
Le parole, per me, sono il verso degli esseri umani, come per gli asini è il raglio.
Ho sperato tanto nelle parole, ho bussato tanto dentro le parole e ho anche spalancato le parole, anche fracassato le parole, accarezzato le parole. Le parole o la parola è in via d’estinzione e penso che dovremmo svegliarci, accorgercene, che tra le tante cose del nostro pianeta, che stanno morendo, ci sono anche le parole… averne tanta, tanta cura, coltivare una vera passione per le parole che ancora possono raggiungere l’altro.
Le parole sono il ponte tra l’io e il tu e spesso servono, invece, a dividere.
Vorrei leggerti delle poesie dei miei bambini che hanno lasciato una lingua e non hanno ancora trovato la successiva, l’italiano. Allora, questo è Hui Ming, cinese:
Le parole sono come fucili
il lancio dei dadi
la campanella che suona
il passero che canta
le parole sembrano le calamite
che si respingono.
E questo è Mark, 8 anni, filippino:
Sassi fanno troppo rumore
e puoi lanciarli.
Però puoi fare male
e devi stare attento
quando li tiri.
Come sassi
sono le parole.
Io
Io, dice una mia poesia, è tanti. E vorrei dirla tutta questa poesia.
Io è tanti
e c’è chi crolla
e chi veglia
chi innaffia i fiori
e chi beve troppo
chi dà sepoltura
e chi ruggisce.
C’è un bambino estirpato
e una danzatrice infaticabile
c’è massacro
e ci sono ossa
che tornano luce.
Qualcuno spezzetta immagini
in un mortaio,
una sarta cuce
un petto nuovo
ampio
che accolga la notte,
il piombo.
Ci sono parole ossute
e una via del senso
e una deriva,
c’è un postino sotto gli alberi,
riposa
e c’è la ragione che conta
i respiri
e non bastano
a fare tempio.
C’è il macellaio
e c’è un bambino disossato
c’è il coglitore
di belle nuvole
e lo scolaro
che nomina e non tocca,
c’è il dormiente
e l’insonne che lo sveglia
a scossoni
con furore
di belva giovane
affamata di sembianze.
Ci sono tutti i tu
amati e quelli spintonati via
ci sono i noi cuciti
di lacrime e di labbra
riconoscenti. Ci sono
inchini a braccia spalancate
e maledizioni bestemmiate
in faccia al mondo.
Ci sono tutti, tutti quanti,
non in fila, e nemmeno
in cerchio,
ma mescolati come farina e acqua
nel gesto caldo
che fa il pane:
io è un abbraccio.
Poesia
La poesia, per me, è una non specialità.
Non sapere niente di speciale, non sapere granché, ma… un immergersi nel non so… un ricevere le parole come arrivassero da una grande bocca misteriosa… e farsi tutto orecchi.
Diceva Paul Celan “la poesia è un dono fatto agli attenti, un dono che implica destino” e io sento una grande gratitudine perché la poesia è venuta a trovarmi quando avevo dieci anni e spero che non mi abbandonerà mai perché è la mia religione, cioè quella cosa che mi lega alla vita e che mi lega a tutti gli invisibili, soprattutto ai bambini che non vengono visti ne ascoltati e che grazie alla poesia possono trovare una lingua madre.
La poesia è la lingua di chi non sa parlare. Io mangio spesso da sola, mi guardo attorno e vedo le pentole e dico “buongiorno pentole, ma come va?” e prima o poi so che entreranno in una poesia. Vorrei che le parole più comuni entrassero nelle poesie perché se lo meritano, soprattutto le parole che riguardano gli oggetti che sono i nostri consorti. Grazie oggetti.
Casa
Casa per me è ovunque io senta tana e cioè un posto dove le persone hanno fatto una scelta di non violenza.
Sono rari i luoghi in cui mi sento a casa. Spesso non sono a casa, a casa mia, perché è un condominio ed io sono una pugile di condominio, nel senso che i diversi, nelle città come Milano dove vivo io, le persone delicate fragili hanno spesso una vita difficile nei condomini.
Casa è dove ci sono persone che sanno comunicare, casa dove c’è un gatto, forse anche un cane, dove ci sono degli alberi, dove c’è la possibilità di dormire senza essere troppo in pericolo.
Vorrei dire che… penso che un diritto importantissimo, che dimentichiamo, è diritto al sonno. Ci sono tantissimi bambini che non possono dormire perché vivono in climi di grande violenza. Casa è dove si può dormire.
Notte
La notte per me non è l’altra faccia del giorno… è una presenza.
La notte è stata, quando ero bambina, la mia grande battaglia per restare di me e non sbriciolarmi.
Quando tengo i seminari alle scuole elementari, ai bambini, non ho all’inizio riconosciuto i bambini Rom perché vengono da etnie, tante, diverse e non avevano, quindi, tutti gli stessi tratti, ma si ripetevano in alcuni bambini i temi legati alla notte.
Quando l’ho scoperto, ho interrogato una maestra e lei mi ha detto “per forza: sono Rom, vivono all’aperto”.
E avevano il mio stesso, la mia stessa percezione della notte come di un grande animale, come di una grande presenza e non solo dell’assenza di luce o dei cambi di luce o di una dimensione diversa, ma qualcosa di più.
Luna
La luna è legata, per me, alla notte.
In India si chiama Chandra, che è anche uno dei miei nomi ed è un nome sia maschile sia femminile.
Chandra è il principio della luna e nello stesso tempo è il principio femminile e la luna mi sembra la signora della notte e anche la sua compassione, la compassione che la notte può avere di noi e quindi darci questo filo di luce per contemplare meglio e riflettere sul buio profondo che c’è dentro di noi.
C’è una frase che amo molto di Victor Hugo che dice: “La contemplazione è saper guardare il buio così a fondo fino a veder la luce”.
Luce
La luce mi sembra qualcosa che non ha opposti, come la notte non è il contrario del giorno.
La luce non è il contrario del buio, sono luci nere.
Nella notte ci sono grandi luci, ci sono grandi comprensioni.
La luce mi sembra anche quel qualcosa che attraversa tutto il nostro mondo in un modo discreto, un po’ come il silenzio.
A me piace, per esempio, assaporare i diversi tipi di silenzio come accade osservare i diversi tipi di luce, come al nord è più bianca, al sud più gialla, o cambia… durante il cambio delle stagioni e anche nei cambi delle ore.
La luce è anche quello che, all’interno, ci dà una direzione nello smarrimento e quando sentiamo che c’è una parola o un viso o un’emozione che pulsa… come pulsa la luce.
Maestri
La definizione di maestro che amo di più è quella di un mio maestro che si chiama Ajahn Minindo.
È un monaco della tradizione buddista Theravada e lui dice “il maestro è colui che ti fa scoprire che non hai nessun bisogno di un maestro e che il maestro sei tu”.
È un lungo percorso arrivare ad essere maestri di se stessi… è quando inizi a capire che cambiare vuol dire diventare profondamente te stessa, adottare tutte le tue parti, anche le più scomode, dare il permesso di soggiorno a tutti gli io che sei e allora diventi maestro di te.
I più grandi maestri, per me, vengono non dal regno umano.
Sono stati tanti, tanti animali, molti alberi, la luna, la notte ed alcuni esseri umani, che però adesso cerco di misurare nel loro limite. Penso che un grande dono che si può fare ad un maestro o una maestra è accoglierli nella limitatezza del loro sapere e non pretendere qualcosa di più. Scoprire anche che ci sono momenti in cui è molto importante dire addio ad un maestro o una maestra e continuare da soli… vacillando.
Connessione
La connessione è quella cosa che ho cercato tutta la vita e che gli animali mi hanno dato a piene mani e anche gli alberi nel loro modo più discreto e silenzioso e anche più pudico.
Ecco, con gli esseri umani ho fatto tanta fatica a trovarla ed è arrivata attraverso il silenzio, attraverso la meditazione silenziosa, il poter stare giorni, settimane e anche mesi insieme ad altri esseri umani, senza parlarsi. Si diventa così sottili nell’ascolto che hai sete e qualcuno ti allunga il bicchiere, esattamente in quel momento.
Ho letto, tempo fa, che è questa la cerimonia del tè: offrire il tè al maestro nel momento in esatto in cui ha sete.
Mappa
Mappa è una parola che mi sta a cuore perché io sono cresciuta senza mappe, perché vengo da una famiglia di pazzi, in senso letterario, clinico.
La mia mamma era malata di mente e quindi non mi ha dato mappe se non delle mappe così vaghe, larghe, anche molto vacillanti per cui ho dovuto farmi sin da bambina delle mappe tutte mie. Per esempio, a scuola c’erano cose che non capivo e non capivo perché dovessero essere così, come ad esempio uno più uno che faceva due. Mi sembrava che uno più uno è un altro ed un altro, non poteva mai fare due.
Poi ho trovato la mappa che era di chiedere alla mamma: “ma… mamma, è una cosa fissa quella?” e lei diceva “si, è una cosa fissa”. E allora io accoglievo che ad uno più uno si doveva dire la parola due.
E così è stato tanto la mia relazione, molto scomoda, tra gli esseri umani. Questa assenza di mappe me la porto tuttora come una difficoltà molto grande, per esempio le persone dicono “come stai?”. A me sembra una frase così commovente e mi fermerei delle ore per rispondergli. Poi capisco che invece è qualcosa per reintrodursi e poi passare ad altro.
Non so leggere le cartine, ma mi so orientare con gli alberi per esempio, oppure con certi colori, certe luci, certe…
Ho anche scoperto ultimamente che in città, dove mi oriento poco, se immagino i percorsi per via aerea allora mi oriento benissimo.
Fermarsi
Fermarsi è una grande arte.
È un’arte umile, è quella di intuire quando siamo stanchi o quando abbiamo bisogno di camminare piano piano verso noi stessi e non più verso qualcosa o qualcun altro.
Fermarsi e ascoltare il battito delle cose, sentire il silenzio, le sue sfumature.
Noi viviamo in un universo che non finisce, che sta tuttora espandendosi e facciamo finta di niente. Forse fermarsi aiuta un po’ di più ad ammettere che siamo dentro ad una grande… stranezza.
Credits:
Soggetto e regia: Katuscia Da Corte
Montaggio audio/video: Simone Berti
Musiche: Near Light di Ólafur Arnalds
www.erasedtapes.com
Musiche: Leave everything away, Without Limits, The flying of a leaf di Mattia Vlad Morleo
www.mattiavladmorleo.com
Produzione: Italian Reloaded
www.italianreloaded.com
un grazie speciale a Katuscia Da Corte di Italian Reloaded e a Elisa Buoso
a cura di paolo raccanello
English version
Poetry and biodynamics with Chandra Livia Candiani
Long time now, I consider Chandra Livia Candiani a biodynamic poetess, an artist of the dynamics of life.
Chandra Livia Candiani offers us a vocabulary, a precious vocabulary, an incomparable vocabulary that strongly affects the way of bringing our discipline into the world.
A vocabulary that is exposed, offers itself and is offered to us by those who constantly enter life.
She talks about age, roots, I, words, poetry, home, night, moon, light, master, connection, map, stop.
Which connections light up these words in us? Which invitations?
What you will see and read are words of a meeting, an interview, an exchange between the poetess and Katuscia Da Corte, a teacher and a great cinema lover, whom I sincerely thank for offering us the opportunity to share both texts and videos brilliantly realized.
Thanks Italian Reloaded, thanks Katuscia Da Corte, thanks Chandra Livia Candiani.
Watch the video: https://www.youtube.com/watch?v=hYKClYTHkWo (copy and paste)
Age
Age is a mystery.
When I was a child and also a girl, I used to think that I would live at most until the age of 30.
I feel that childhood and old age are two periods of life in which we can finally release control of our minds, loosen our grip on life and say just what we think.
There is also less pressure to arrive somewhere, there is more delight in the journey than in the destination, there is a new slowness that accompanies me and which makes me admire ever more the infinite microcosms which surround us, rather than greater things. Also it seems to me that I have inside myself enormous curiosity about death, like it is a great adventure awaiting me, a romantic date with myself which has always daunted me, and I used to think “No I’m too young to die!”, whereas now I am just about old enough to experience death, and it strikes me as a beautiful adventure.
Roots
Roots is an ancient word, it is a word that stems from vegetation.
Our planet is 99,07% organic but we hold ourselves as very important, whereas these great green beings have been firmly here for centuries, in the same places, and who knows how they live and how they view us what do these giants perceive of the world.
My roots are part Russian and part Italian, but they also stem from madness and from poetry, and many of my roots belong to the words.
Words
Words are, to me, the cry of human beings, as braying is to donkeys, and I have placed much hope in words, and I have knocked much inside of words, and I have also thrust open words, I have also smashed up words, caressed words.
Words are dying out and I think we should wake up and realise that amongst the many things of our planet that are dying there are also words. And we should take all the care to cultivate a strong passion for the words that can still reach others.
Words are the bridge between me and you, and yet they are often used instead to divide, and I would like to read to you the poetry of my children at school on the theme of words.
These are often immigrant children who have left one language and have not yet found the next.
Their Italian is still very tenuous, like a child who does not yet know how to walk, and so to them words are the bridge to others, in a very literal way.
So, this is by Hui Ming, Chinese:
Words are like shotguns
The throwing of dice
The ringing of a bell
The warbling of a sparrow
Words are like magnets
That repel each other
And this is by Mark, 8 years old, Filipino:
Stones
Make too much noise
And you can throw them
But you can cause harm
And you have to pay attention
When you throw them
Like stones
Are words
I
I is many, as one of my poem says. And I would like to recite it all.
I is many
and there’s the one who collapses
and the one who keeps wake
the one who waters flowers
and the one who drinks too much
the one who gives burial
and the one who roars.
There’s a child uprooted
and a tireless dancer
there is slaughter
and there are bones
that revert to light.
Someone is crushing images
in a mortar,
a seamstress is stitching
a new breast
wide enough
to be a home for the night,
for lead.
There are bony words
and a way of sense
and some drift,
there’s a postman under the trees,
resting
and there is reason counting
breaths
and there’s not enough of them
for sanctuary.
There’s the butcher
and a child deboned
there’s the gatherer
of lovely clouds
and the schoolboy
who names without touching,
there’s the sleeper
and the insomniac roughly
shaking him awake
with the fury
of a young feral animal
hungry for shapes & forms.
There’s all the you’s
the loved ones & the ones pushed away
all the us-es stitched together
from tears and grateful
lips. There is
bowing with arms wide open
and swearing curses spat out
at the world’s face.
They’re all here, all of them,
not in a line or
in a circle,
but mixed like flour & water
in the warm gesture
that makes bread:
I is a hug.
Poetry
Poetry for me is not something special.
Not much at all to be known but it’s to plunge into who knows what, to take in words as if they came from a big mysterious mouth and you’re there, all ears.
Paul Celan said that poetry is a gift given to those paying attention, a gift that points to destiny. And I feel enormously grateful because poetry came to find me when I was ten years old and I hope that it never leaves me because it’s my religion, that is to say it’s the thing that connects me to life, and to all the invisible things, and above all to children who’ve been neither seen nor heard and who, thanks to poetry, are able to find a mother tongue.
Poetry is the language of the ones who do not know how to speak.
Sometimes, as I often eat alone, I look around, I see the saucepans and I say “hello saucepans, how are you?”
And sooner or later I know that they will appear in a poem because they deserve to, above all words that talk back to objects, that are our partners. Thank you, objects.
Home
Home to me is wherever I feel a den, that is a place where people have made a choice of non-violence and there are rare places (in) where I feel at home.
Often I don’t feel at home not even in my own home because it is a block of flats and I am an opponent of block of flats, in the sense that those who live in cities like Milan, where I live, sensitive and fragile people, often have a difficult life in those flats. And home is where there are people that know how to communicate, home is where there is a cat, perhaps even a dog, home is where there are some trees, and where there is the possibility of sleeping without being in too much danger and I would say that a very important right, which we do not remember, is the right to sleep.
There are many children who cannot sleep because they live in an atmosphere of great violence. Home is where one is able to sleep.
Night
Night to me is not the other side of day, it’s a presence…
When I was a little girl, at night I used to have my biggest battle to try to keep myself
in one piece and not fall apart, at night…
When I hold my workshops with primary school students, at the beginning I did not immediately recognise Roma kids, as they come from different ethnic groups, so they do not look all alike, but I have come to realise that the night was a common topic amongst them.
As soon as I realised that, I asked their teacher to explain and she said “Of course, they are Roma, they all live outdoors”.
And they all seemed to have the same feeling about night as a big animal or a great presence and not just a lack of light, or changes of light or another dimension, but something more.
Moon
The moon is connected to the night and in India it’s called Chandra, which is also one of my names, and it’s both masculine and feminine: the prince of the moon is called Chandra, but at the same time it is the feminine principle. The moon to me seems to be the lady of the night, but also her compassion, the compassion that the night can have on us, offering us this stream of light for better contemplation and for reflecting on the darkness that is inside us.
There is a sentence by Victor Hugo that I really love that says that “contemplation is being able to look into the darkenss sufficiently deeply to see the light”.
Light
Light, to me, is something that does not have its opposite.
As night is not the inverse of day, so light is not the opposite of dark.
There are black lights. Even at night there are great lights, there are great understandings.
Light to me is also something that stretches across our world in a subtle way, perhaps like silence.
So for example I like to savour different types of silence and to observe different types of light, just as in the North is whiter while in the South is golden, and how it changes as the seasons change, as the time of day changes.
Light is also what guides us inside out in times of trouble, when we feel there is a word, a face or a feeling that vibrates like light does.
Master
The definition of master that I love the most is from one of my masters called Ajahn Minindo, a buddhist monk from the Theravada tradition, when he says: “A master is the one who makes you understand that you do not need any master, because in fact you are the master”.
And it takes a long journey to become master of oneself, and it happens when you start to realise that the process of changing means to become truly yourself, which embraces every part of yourself, even the most uncomfortable ones.
Then you give yourself permission to be all the “I”s that you are, and in that moment you become the master of yourself .For me, the greatest masters don’t come from the human realm.
There have been so very many animals, many trees, the moon, the night and some human beings, though I attempt to accept their limits.
I believe that the greatest gift you can give to your masters is to accept the limitations of their knowledge without seeking anything more, and then to discover that there are moments when it’s very important to say goodbye to your masters, and to continue falteringly by yourself.
Connection
Connection is what I’ve been after all my life and this is something that I learned from animals as well as trees through their discreet, quiet and more delicate way.
In my case, with human beings it is much more difficult to reach connection and I achieved it through silence, through silent meditation, through the capacity of living for entire days, weeks, even months, together, without talking to each other.
It becomes so instictive that if you are thirsty the other person immediately gives you something to drink.
And I read a while ago that this is the essence of the tea cerimony, that one offers tea to the master exactly at the moment he feels thirsty.
Map
Map is a word close to my heart because I grew up without maps, coming from a family of mad people, in the clinical sense, literally.
My mother was mentally ill and so did not give me any maps, except only vague ones, undefined and shakey ones, so that since childhood I had to make my own maps. For example at school there were things I didn’t understand and I didn’t understand why they had to be that way, for example the fact that one and one made two.
To me it seemed that one is one, and the other is the other, and could never make two.
Then I found the map which was to ask my mother: “Mum, is that the way it has to be?” And she said, “Yes, it is.”
And so I welcomed the fact that one and one was given the name two.
So this gave me an uncomfortable relationship with other human beings, I still experience this lack of maps as a great absence in my life.
For example when people say, “How are you?” this seems very moving to me, and this could keep me talking for hours, and then I realise that actually, this is just a greeting before passing on to something else.
I don’t know how to read maps, but I know how to orientate myself by the trees for example, or by certain colours, or lights, and I have recently discovered that in the city, which I’m actually not so familiar with, if I just imagine the streets from above, I can orientate myself very well.
To stop
To stop is a great art, a humble art, to realise when we are tired and when we need to walk slowly toward our true selves and not live based on something else or someone else.
To stop is to listen to the beat of things, to hear silence and its shades…
We live in an infinite universe that is still expanding even though we pretend not to notice.
To stop is perhaps to admit that we are inside a great strangeness.
Credits:
Subject and direction: Katuscia Da Corte
Audio and video editing: Simone Berti
Music: Near Light di Ólafur Arnalds
www.erasedtapes.com
Music: Leave everything away, Without Limits, The flying of a leaf di Mattia Vlad Morleo
www.mattiavladmorleo.com
Production: Italian Reloaded
www.italianreloaded.com
a special thanks to Katuscia Da Corte of Italian Reloaded and Elisa Buoso
edited by paolo raccanello
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