La relazione terapeutica con il cliente
SUPERVISIONE E O INTERVISIONE
Come Associazione di operatori che vogliono mantenere un alto profilo professionale, abbiamo bisogno di affrontare questo tema. Dagli insegnanti, che fanno parte del nostro Comitato Scientifico Didattico è emersa questa necessità, che fa parte di un processo di crescita comune e di confronto. Proprio per questo propongo di usare un nuovo termine a posto di Supervisione che da l’idea di qualcuno super che osserva-vede qualcun’altro sotto di lui. Allora è forse meglio definire questo processo Intervisione, che stabilisce modalità più craniosacrale nella relazione
Buona lettura e buona ispirazione.
Maderu Pincione
Tratto dal libro di Su Fox
La relazione terapeutica con il cliente
Una guida pratica che esplora gli elementi chiave della relazione con il cliente, per portare consapevolezza, professionalità e competenza, nel contesto terapeutico.
somaticaedizioni
Supervisione
Questa è una risorsa che, io penso, venga sottovalutata e di conseguenza poco utilizzata dai terapisti complementari. La parola stessa non attrae molto, con le sue connotazioni di controllo, gestione e regolarizzazione. Ci sono termini alternativi che suggeriscono una relazione più amichevole: guida, supporto e consulenza. Ma supervisione è il termine correntemente in uso, così mi attengo a questo.
In molte professioni la supervisione è obbligatoria. L’Associazione Britannica di Counselling e Psicoterapia richiede ai propri membri di essere supervisionati con regolarità. Gli operatori di craniosacrale devono ricevere un anno di supervisione dopo il diploma. Una buona supervisione instilla una fiducia genuina in voi stessi, vi mette in grado di identificare i punti deboli trovando il modo per superarli o compensarli, di rinnovare vacillanti entusiasmi. Un buon supervisore è una risorsa, una spalla su cui piangere, un orecchio che ascolta e vi fornisce uno spazio per assestarvi e ascoltare la vostra voce interiore. Ci sono diversi modelli di supervisione. La supervisione tra pari, si riferisce a due o più colleghi che si incontrano e parlano di lavoro. Questo richiede una certa disciplina per essere sicuri che il tempo non venga sprecato a bere del tè e spettegolare. Regole di base devono essere stabilite su quanto tempo una persona ha a disposizione per parlare, e deve esserci un accordo sulle questioni da affrontare e così via. I vantaggi della supervisione tra pari sono la gratuità e il fatto di parlare con persone che, essendo nella vostra medesima situazione, vi possono far sentire più sostenuti.
D’altra parte, il consiglio, le risorse e il livello di supporto, sono più limitati di quelli messi a disposizione da un collega più vecchio. Quindi c’è la supervisione formale, in cui si paga qualcuno che ha più esperienza, che è qualificato o che si è formato per fare supervisione.
In questa relazione il supervisore ha un certo grado di responsabilità nei confronti dell’operatore e del suo lavoro. Entrambe, la supervisione tra pari e la supervisione formale, possono essere individuali o di gruppo. La prima fornisce tempo e attenzione e la seconda dà l’opportunità d’imparare dalle altre persone del gruppo.
Quali sono le funzioni della supervisione? Il supporto, sia pratico che emotivo, è uno degli aspetti principali. Il nuovo operatore, avendo lasciato l’agio e la sicurezza del gruppo di formazione, potrebbe trovare un po’ di difficoltà nel costruire un’attività o nel trovare clienti. Un supervisore dovrebbe essere in grado di dare consigli di marketing, su siti internet e di diffusione, di raccomandare cliniche o centri che potrebbero affittare uno spazio. Lei o lui può essere d’aiuto con quei piccoli problemi che ognuno incontra all’inizio. Ecco alcuni esempi. Paul era dislessico e malgrado i suoi speciali programmi di computer portava sempre il suo materiale pubblicitario al supervisore perchè lo controllasse. Shelley aveva affittato uno spazio in un ambulatorio, e quando un consistente numero di clienti cancellò gli appuntamenti si ritrovò senza soldi. Ebbe bisogno di lavorare su una politica delle cancellazioni che si adattasse al suo caso, e sul modo migliore per comunicarlo ai clienti. Il suo supervisore la aiutò finché Shelly non trovò un modo professionale per comunicare con i propri clienti, con il giusto equilibrio di risolutezza e affabilità.
Se incontrate lo stesso supervisore nel corso del tempo, lui o lei avrebbe modo di sviluppare una visione ampia del vostro lavoro, da questa prospettiva diventerebbe in grado di fornire consigli sul vostro attuale sviluppo professionale. Lei, o lui, potrebbe consigliarvi un libro, degli articoli e dei seminari post-diploma in linea con i vostri interessi, aiutarvi a collaborare con altri operatori se state lavorando in un campo specialistico, o suggerivi di esplorare altre terapie complementari per stimolare un nuovo apprendimento.
Anche il supporto emotivo è importante. La vita di un terapista complementare può essere solitaria. Alcuni di noi lavorano in centri dove è possibile confrontarsi con gli altri durante la pausa. Sono pochi probabilmente quelli che fanno parte di una squadra che si riunisce regolarmente, ma molti di noi lavorano da soli, trovandosi isolati. Le storie che i nostri clienti ci raccontano sono confidenziali e non sarebbe giusto, o professionale, raccontare ai nostri cari o alle persone a noi vicine quello che abbiamo sentito. Ma talvolta possiamo solo sostenere e testimoniare il dolore e la sofferenza dell’altro senza esserne sopraffatti. Un buon supervisore a questo punto è incomparabile rispetto a qualsiasi altra risorsa possiate avere. Come nel caso della relazione cliente-operatore, qualsiasi cosa venga detta nella relazione supervisionato-supervisore è confidenziale. Il solo fatto di poter condividere con un’altra persona, specialmente con una che ha avuto esperienze simili, mitiga l’isolamento e offre lo spazio per sfogarvi. Questo si applica particolarmente alle persone che lavorano con certe categorie di clienti. Persone che si stanno disintossicando dall’abuso di stupefacenti, persone con malattie terminali o persone che hanno subito un lutto recente, possono suscitare problematiche in ognuno di noi.
Una buona supervisione a volte fornisce sia il supporto emotivo che pratico. Ecco un esempio. John era un padre solo che si era da poco diplomato come omeopata. Abbiamo dedicato molto tempo nelle sue sessioni di supervisione a valutare i pro e i contro delle differenti cliniche dove avrebbe potuto lavorare, soprattutto su come conciliare le sue esigenze di cura dei figli. Sospettai che sotto le sue preoccupazioni di natura pratica c’era una mancanza di fiducia in se stesso, così gli chiesi di chiudere gli occhi e di immaginarsi in ognuno degli eventuali luoghi di lavoro, verificando con il corpo quanto si sentisse a proprio agio in ognuna di quelle stanze. Abbastanza sicuro, scelse la clinica per lavorare che lo supportò maggiormente senza pretendere troppo da lui. La supervisone può essere educativa. Kelly, una delle ragazze a cui faccio supervisione, fu contattata da una giovane donna con una grave scoliosi supportata da una barra di metallo vicino alla colonna. Diversi centri di bellezza nel centro di Londra si erano rifiutati di trattarla. Kelly era molto preoccupata di poter fare qualcosa che potesse procurare danno. Abbiamo parlato di ciò che doveva chiedere in questo caso, incluso il permesso di collaborare con il medico della donna. Poi ci siamo immaginate di essere nel corpo della cliente e, distese sul lettino, abbiamo sperimentato cuscinetti e cuscini per vedere di quale tipo di supporto avrebbe potuto aver bisogno.
A volte la supervisione può aiutare rispetto ai problemi di natura etica. Fran, una giovane in supervisione, era una psicoterapista che usava il massaggio per facilitare il rilascio delle emozioni. Un giorno arrivò piangendo e molto agitata: “L’ho veramente fatta grossa questa volta! Ho infranto tutte le regole!”. Quando si calmò mi raccontò della sua sessione con Bill il giorno precedente. Bill aveva sessant’anni e soffriva di una lieve paralisi cerebrale. Durante il trattamento aveva avuto un’erezione chiededo a Fran di guardare. Intuitivamente lei aveva sentito che quella era la cosa giusta da fare. Gli aveva scoperto il pene solo per un momento e poi vi aveva rimesso sopra l’asciugamano. Dopo che Bill se ne era andato Fran era entrata nel panico, le era venuta la paranoia di poter essere espulsa dal registro professionale. Anch’io mi feci domande sull’eticità del suo comportamento. Quando ne parlammo, emerse la storia di Bill e le ragioni possibili dietro la sua richiesta. Lui si vergognava del suo corpo deformato e una delle ragioni per cui lavorava con Fran era di ricevere una testimonianza compassionevole del suo corpo. Non aveva mai avuto una relazione sessuale con una donna. Forse voleva solo una testimonianza della sua sessualità come del suo corpo? Fran di sicuro non si era sentita abusata e non aveva tratto vantaggio dalla richiesta di Bill. Decidemmo che avrebbe dovuto parlare con Bill dell’incidente e, se necessario, stabilire con chiarezza cosa era accettabile (osservare) e cosa no (toccare o qualsiasi cosa oltre). Aveva bisogno che fosse chiaro con se stessa che lei aveva una relazione professionale con Bill e non sessuale. Usammo il role playing per trovare il modo migliore per comunicare queste cose al cliente.
Come trovare un supervisore? Se le vostre questioni sono pratiche o relative alle vostre abilità terapeutiche, contattate la vostra organizzazione professionale. Se avete bisogno di un supporto emotivo, o avete difficoltà nell’ambito della relazione terapeutica, potreste contattare un associazione di counselling e psicoterapia per ricevere un elenco di supervisori nella vostra area. Un supervisore preparato non dovrebbe aver bisogno di sapere molto della terapia che praticate per aiutarvi in questi campi.
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